La Skandalopetra: La Pietra degli Abissi e l’Epopea di Hatzis Stathis

La Skandalopetra: un respiro nella storia
Nel mondo dell’apnea, dove ogni discesa è un ritorno all’origine e ogni respiro trattenuto diventa una preghiera silenziosa al mare, esiste una pratica che rappresenta l’essenza più pura e arcaica di questa disciplina: la skandalopetra. Molto più di una tecnica, essa è un ponte tra presente e passato, tra tecnologia e istinto, tra l’uomo moderno e il suo antenato pescatore. La sua storia si intreccia indissolubilmente con quella di un personaggio mitico dell’apnea: Hatzis Stathis, conosciuto anche come Haggi Statti, l’uomo che nel 1913 affrontò l’abisso a mani nude per recuperare un’ancora incagliata a oltre 80 metri.

Per gli appassionati dell’apnea, riscoprire la skandalopetra significa entrare in contatto con le radici stesse della disciplina: un’immersione non solo in profondità fisiche, ma anche in dimensioni culturali, filosofiche ed emotive. Questo articolo esplora la storia, la tecnica, la rinascita e il significato di questa pietra leggendaria, con un approfondito omaggio all’uomo che ne ha incarnato l’anima.


La nascita della skandalopetra
La parola skandalopetra deriva dal greco antico – “σκάνδαλον” (skandalon, ostacolo o pietra) e “πέτρα” (petra, roccia) – e identifica una lastra di pietra naturale, levigata, spesso di marmo o granito, utilizzata fin dall’antichità dai pescatori di spugne per immergersi. La skandalopetra era uno strumento semplice ed essenziale: priva di impugnature, aerodinamica, pesava tra i 7 e i 15 chilogrammi e veniva legata a una corda. L’apneista si tuffava tenendosi alla pietra, sfruttando la sua massa per raggiungere rapidamente il fondo marino.

Questa tecnica era diffusa principalmente tra i pescatori delle isole del Dodecaneso – in particolare Kalymnos, Symi e Halki – dove la pesca delle spugne rappresentava da secoli una delle principali attività economiche. In un tempo in cui non esistevano bombole, maschere o pinne, i pescatori greci avevano sviluppato una conoscenza profonda del proprio corpo e del mare, affinandola attraverso pratiche quotidiane, tramandate oralmente di generazione in generazione.


La tecnica della skandalopetra: apnea con l’essenziale
Una delle peculiarità più affascinanti della skandalopetra è la sua essenzialità. Nessuna attrezzatura sofisticata, nessuna interfaccia tecnologica: solo una pietra, una corda e due uomini. La pratica tradizionale prevede infatti la presenza di un koutalás, il compagno di superficie, il cui compito è fondamentale. Il koutalás gestisce la corda, controlla la discesa e, soprattutto, effettua il recupero dell’apneista dopo che questi ha lasciato la pietra sul fondo per raccogliere le spugne.

La discesa con la skandalopetra è veloce ma controllata. L’apneista mantiene il corpo in posizione verticale o leggermente inclinata, tenendo la pietra davanti a sé come un timone. Il rilassamento è totale: niente movimenti superflui, niente sprechi di ossigeno. Una volta giunto sul fondo, l’apneista lascia la pietra e si muove liberamente per raccogliere il bottino. Alla fine, dà un segnale al compagno che inizia il recupero tirando la corda.

In questo rapporto simbiotico, la fiducia reciproca è totale: l’uno dipende dall’altro, e ogni immersione diventa un piccolo rito di collaborazione e coraggio.


Hatzis Stathis
La skandalopetra ha il suo eroe: Hatzis Stathis. Nato a Kalymnos intorno alla metà dell’800, era già considerato uno dei più esperti pescatori di spugne della sua epoca. Il suo nome rimarrà per sempre legato a un episodio straordinario, avvenuto nel 1913, che lo consacrò alla leggenda.

Durante una sosta dell’ammiraglia italiana Regina Margherita nelle acque dell’isola di Karpathos, l’ancora della nave si incagliò a oltre 80 metri di profondità. Dopo vari tentativi falliti da parte degli ufficiali italiani, venne richiesto l’intervento di pescatori locali. Hatzis si offrì volontario. Scese una prima volta: individuò l’ancora. Scese una seconda volta: studiò la posizione. Alla terza immersione, portò con sé una cima e riuscì a legarla all’ancora, consentendone il recupero.

Le sue immersioni furono compiute senza maschera, senza muta, senza pinne. Solo lui e la sua skandalopetra. E dopo la terza risalita, perse conoscenza: restò esanime per lunghi minuti sulla coperta della nave, vittima probabilmente di una grave ipossia. Ma sopravvisse.

Per il suo gesto fu premiato dal Re d’Italia con una medaglia al valore e un compenso in denaro, ma la sua vera ricompensa fu l’immortalità. Oggi, nei circoli dell’apnea, Hatzis è considerato un pioniere, un antesignano dell’apnea estrema, un esempio di dedizione e coraggio.


Il declino e la rinascita della skandalopetra
Con l’avvento del XX secolo e l’introduzione degli scafandri, delle bombole e delle tecnologie subacquee, la skandalopetra cadde in disuso. La pesca delle spugne stessa diminuì, minacciata dall’industrializzazione e dalla crisi economica. La tecnica della pietra fu lentamente dimenticata, conservata solo da pochi anziani delle isole greche.

La rinascita avvenne negli anni ‘90 e 2000, grazie all’interesse di apneisti di tutto il mondo, attratti dall’autenticità e dalla spiritualità della disciplina. Jacques Mayol, celebre apneista francese, considerava la skandalopetra la più pura forma di immersione umana. Anche in Italia, l’apneista e istruttore Umberto Pelizzari contribuì a divulgarla, inserendola nei programmi di Apnea Academy.

Oggi, la skandalopetra è riconosciuta come disciplina ufficiale da AIDA International, e vengono organizzati campionati mondiali in Grecia e nel Mediterraneo, dove gli atleti competono non solo in profondità, ma anche in stile, efficienza e rispetto del protocollo.


La dimensione filosofica: l’apnea come rito
Per chi la pratica, la skandalopetra non è solo una tecnica: è una meditazione in movimento. L’assenza di attrezzatura costringe l’apneista a una presenza mentale totale. Il corpo si rilassa, la mente si svuota, il tempo si sospende.

Senza maschera, l’occhio nudo affronta il mare direttamente. Senza pinne, il corpo scivola lento, accompagnato solo dal peso della pietra. L’abbandono è completo: ci si affida al mare, alla pietra e al compagno. È un gesto di fiducia, di resa consapevole.

In un’epoca dominata dalla performance e dalla velocità, la skandalopetra rappresenta un ritorno al ritmo naturale del mare e del respiro. Un atto controcorrente, che parla a chi cerca nell’apnea non solo un record, ma un senso più profondo.


Competizioni moderne: lo spirito dell’antico nel presente
Le competizioni moderne di skandalopetra mantengono viva la tradizione. Le regole sono semplici ma rigorose. L’apneista non può usare pinne, muta o maschera. La pietra è standardizzata per peso e forma. La discesa e la risalita devono seguire protocolli precisi, incentrati sulla sicurezza, la tecnica e il controllo.

Gli eventi più noti si svolgono nelle isole greche, in acque limpide e profonde, spesso accompagnati da rievocazioni storiche e celebrazioni culturali. Partecipare a una gara di skandalopetra è, per molti apneisti, un’esperienza quasi iniziatica: non si compete solo contro se stessi, ma si entra in contatto con un’eredità millenaria.


Eredità e futuro della skandalopetra
Molti giovani apneisti, attratti dalla filosofia del “minimalismo subacqueo”, si avvicinano oggi alla skandalopetra. In un mondo saturo di tecnologia, la semplicità di questa pratica offre un antidoto potente. Scuole e associazioni in Grecia, Italia e Francia propongono corsi e workshop dedicati, spesso in collaborazione con le comunità locali.

L’interesse crescente per l’ecologia marina e la sostenibilità ha dato nuovo valore a pratiche come la skandalopetra, che insegnano il rispetto del mare e l’autolimitazione. La figura di Hatzis Stathis viene ricordata ogni anno con eventi commemorativi e raduni subacquei, in cui la sua storia viene raccontata come esempio di coraggio, dedizione e armonia con il mare.


Il Trofeo Haggi Statti
Per onorare la memoria di questo straordinario apneista, la Federazione Italiana Pesca Sportiva e Attività Subacquee (FIPSAS) organizza periodicamente il “Trofeo Haggi Statti”, una competizione di tiro al bersaglio subacqueo. La quarta edizione del trofeo si è tenuta il 16 marzo 2025 a San Marino, confermando il lascito duraturo di questa leggenda dell’apnea.

Hatzis Stathis rappresenta un simbolo di coraggio, resistenza e abilità nell’apnea. La sua storia dimostra come, nonostante le limitazioni fisiche e tecnologiche dell’epoca, l’ingegno umano e la determinazione possano portare a risultati straordinari. La sua impresa del 1913 rimane una delle più incredibili nella storia della subacquea e continua a ispirare apneisti e subacquei in tutto il mondo.


La pietra come simbolo
La skandalopetra non è solo uno strumento: è un simbolo. Di ciò che siamo stati, di ciò che possiamo essere. Rappresenta la capacità dell’uomo di affrontare l’abisso non con la forza, ma con l’umiltà. Di scendere nelle profondità non per dominare, ma per conoscere. Di affidarsi a un compagno, a una pietra, a un gesto semplice.

Hatzis Stathis, con la sua discesa nel 1913, ha reso eterno questo gesto. La sua storia ci insegna che non c’è bisogno di strumenti complessi per compiere imprese straordinarie. Basta un respiro. Una pietra. E il coraggio di lasciarsi andare.

In un mondo che corre, la skandalopetra ci insegna a rallentare. A scendere. A sentire. E forse, a risalire cambiati.

Fonti principali: testimonianze orali dai pescatori di Kalymnos, archivi navali italiani, studi AIDA sulla skandalopetra, articoli storici su Hatzis Stathis, contributi di Jacques Mayol e Umberto Pelizzari.